Si può affermare che il linguaggio del jazz moderno ha le sue radici nel bebop venuto fuori dai talenti di Charlie Parker e Dizzy Gillespie.
Le composizioni di Parker recano nei temi un’impronta caratteristica e indelebile del suo linguaggio e <<sono diventate parte integrante del repertorio jazzistico. Esse sono state interpretate e rivisitate in tutte le salse, dall’arrangiamento per big band, all’adattamento sui ritmi latini, alla strumentazione elettrica ecc.>>
Quasi tutte le composizioni di Parker sono dei blues o temi costruiti su canzoni: nel blues Parker <<arricchisce la tradizionale successione armonica infarcendola di accordi di passaggio (in particolare di cadenze II-V) che trasformano la tradizionale progressione in uno slalom di accordi in rapida successione: qui Parker si è ricollegato direttamente ad Art Tatum e ha aperto una strada paradigmatica nel gioco delle sostituzioni, ma solo ai primi anni Cinquanta. Peraltro questa tecnica aveva già una certa diffusione nei primi anni Quaranta, se è vero che ‘Round Midnight (una composizione di Thelonious Monk, ndr), il prototipo del genere, risale al 1939 e i primi lavori di Gillespie, come Groovin’ High, ne applicano i principi.
Saranno la scuola di Tristano prima e George Russell poi a portare a saturazione il gioco delle sostituzioni, che però subisce una battuta d’arresto con il trionfo dell’hard bop e dei suoi giri semplificati. Bisognerà attendere il John Coltrane di Giant Steps e il Wayne Shorter di Lester Left Town per riscoprirne l’efficacia architettonica e la forza espressiva.
In seguito anche Parker estende la tecnica di arricchimento di un giro armonico con cadenze di passaggio anche al di fuori del blues. Un esempio meraviglioso è Confirmation, che applica il principio di blues come Au Privave o Blues For Alice alla canzone. Ma si noti che tutti questi brani risalgono agli anni Cinquanta, quando il sassofonista, sentendosi sempre più imprigionato nel proprio stile improvvisativo, stava cercando di dare una svolta compositiva alla propria carriera.
Lo schema del blues più ricco che Parker elabora già nell’enunciazione del tema è Blues For Alice, che si presenta così:
F / Em7b5 A7 / Dm7 G7 / Cm7 F7 /
Bb7 / Bbm7 Eb7 / Am7 D7 / Abm7 Dbm7 /
Gm7 / C7 Gb7 / F D7 / Gm7 C7
Dove appare evidente che, applicando la sostituzione della quinta diminuita, si ottiene per le prime cinque misure una discesa cromatica dalla tonica alla sottodominante:
F / Em7b5 Eb7 / Dm7 Db7 / Cm7 B7 / Bb7 / …
La sesta, la settima e l’ottava misura sono una discesa cromatica del classico II-V a partire dalla nota sottodominante (Bb) fino al II-V della tonalità base di fa. Quindi Parker fa elencare al basso tutte le dodici note fra la prima e l’undicesima battuta.
Siamo ben lontani dal blues modale di Bessie Smith; tuttavia (probabilmente per la solita ragione dei corsi e dei ricorsi) gli eredi di Parker, dopo avere continuato a progettare sempre più complesse progressioni armoniche nell’ambito delle dodici misure, scoprirono che il bop aveva lasciato fuori dalla sua ricerca i tempi dispari, il minore e la impronta modale del blues stesso.