L’approccio a volte può essere molto scettico, però alla fine rileva aspetti che tutti i musicisti e non dovrebbero conoscere. Ecco un piccolo riassunto

 

Il filosofo tedesco Theodor Adorno (1903-1969), nella sua celebre “Introduzione alla sociologia della musica” (1962) descrive alcune tipologie di comportamento dell’ascoltatore di musica. La sua analisi tende a ricercare gli elementi “oggettivi” di valutazione prendendo in considerazione i livelli di “adeguatezza” dell’ascolto, in una tipologia che considera un ampio orizzonte di comportamenti, da quello del musicista professionista a quello di un ipotetico quanto teorico – perché inesistente – ascoltatore completamente indifferente al linguaggio musicale.

È convinzione diffusa fra gli educatori musicali che non esistano soggetti totalmente ed irrimediabilmente negati. Esistono semmai comportamenti genericamente indifferenti che però, in determinate circostanze particolari possono rivelare un latente interesse per la musica accompagnate da capacità di riproduzione e fruizione del linguaggio sonoro insospettate dagli stessi interessati.

Tornando ad Adorno, la sua tipologia prevedeva sei (in realtà sette) livelli di adeguatezza dell’ascolto:

  1. L’ascoltatore esperto, “colui che ascolta in modo perfettamente adeguato”, pienamente capace e di comprendere il messaggio musicale e pertanto capace di un “ascolto strutturale”; si tratta di una tipologia limitata ad elementi compresi nella cerchia dei musicisti professionisti (ma non tutti quest’ultimi ne farebbero parte);
  2. il buon ascoltatore, anch’egli capace di giudicare a ragion veduta e non solo secondo categorie di prestigio o sotto l’arbitrio del gusto. Sarebbe parzialmente inconsapevole degli aspetti più tecnici comprendendone però quelli espressivi;
  3. il consumatore di cultura, insaziabile, sempre ben informato, raccoglitore di dischi, testi, reliquie, secondo Adorno ricerca nel consumo musicale una sorta di accrescimento del prestigio sociale; sostituisce la capacità di comprensione strutturale con l’accumulo di nozioni musicali, spesso decontestualizzate (sapere tutto dell’ultima tournee del famoso tenore negli USA o sulle numerose esperienze amorose di Liszt non ha nulla a che fare con la comprensione musicale);
  4. l’ascoltatore emotivo, che cerca nella musica emozioni che non trova in se stesso e nella realtà che lo circonda e ne fa un uso fortemente sensoriale ed empatico giungendo, per esempio a mettersi a piangere con facilità (ascoltando un brano di Ciaikovskij).
  5. l’ascoltatore risentito, dedito all’ascolto esclusivo della musica bachiana e pre-bachiana, ritenuta pura ed esente da discutibili logiche commerciali e dalla contiguità con l’establishment culturale; una variante è l’ascoltatore risentito del jazz, genere musicale (erroneamente) inteso come libero da legami, e quindi funzionale alla critica della cultura ufficiale;
  6. l’ascoltatore per passatempo, il più diffuso. Come e più del consumatore di cultura manca di un rapporto specifico con la musica; diventa l’ideale bersaglio dell’industria della musica commerciale che lo raggiunge essenzialmente tramite i mass media: radio, cinema, televisione; ai giorni nostri sarebbe d’obbligo aggiungere Internet e in generale i sistemi multimediali.

Infine ecco aggiungersi un settimo tipo di ascoltatore, in realtà un vero e proprio non-ascoltatore: l’indifferente, o a-musicale, o anche anti musicale, incapace di fruirne per deficienze derivanti da eventi pregressi o da traumi infantili (!).

L’analisi di Adorno, prevalentemente sociologica, è acuta e non manca di un certo grado di suggestione coloristica. A ben vedere rivela ancora oggi una certa attualità, anche se non può tenere conto dell’evoluzione dei generi, degli stili e delle tecniche di fruizione intervenute nell’ultimo mezzo secolo.

 

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